
Capita sempre più spesso avere notizie di danni arrecati dal Cinghiale: alle coltivazioni, agli auto-motociclisti, agli ecosistemi naturali, alle opere idraulico-forestali, al fatto che questo ungulato si spinga sempre più facilmente nei centri urbani ed altro ancora.
Sappiate che il “problema Cinghiale” occupa un universo davvero ampio e frastagliato, perciò suddividerò gli argomenti in vari blocchi in articoli distinti. Anzi, prego fin d’ora di lasciare qualche commento in calce al brano, in modo tale da suggerire gli argomenti da trattare e per meglio sondare la problematica nella società.
Come vi dicevo, il Cinghiale è obiettivo di svariati “interessi”, talvolta in antitesi tra loro, che spaziano dall’agricoltura alla sicurezza alimentare, dall’ambiente alla società, dalle attività ricreative – come la caccia – a quelle animaliste/ambientaliste, ma tutte hanno in comune il transitare, a vario modo e titolo, per il grande calderone delle scelte politiche.
A me interessa sostanzialmente la parte scientifica della tematica: biologia, ecologia ed etologia, rapporti con agro ed ecosistemi, relazioni fauna-biocenosi e catene trofiche, ma anche salubrità e sicurezza delle carni che entrano nel circuito alimentare. La letteratura internazionale ha accumulato in merito svariate pubblicazioni scientifiche, alcune delle quali molto interessanti e stimolanti diverse riflessioni.
Nel recente passato infatti la pianificazione e la gestione del territorio, dell’ambiente e della fauna si è progressivamente modificata sulla scia di nuove impostazioni e visioni anche delle componenti socio-culturali e politiche, fortemente influenzate da conflitti di opinione.
Ma andiamo per gradi. Oggi tocca alla Human Dimension, ovvero alla percezione sociale e psicologica di una situazione e il conseguente pubblico atteggiamento. L’analisi della Dimensione Umana dell’ “Effetto Cinghiale” può anche essere definita come la ricerca che si concentra sul livello di conoscenza di aspettative, atteggiamenti e attività del pubblico nei confronti della fauna selvatica e del suo habitat.
H.D. è uno strumento indispensabile grazie al quale è possibile scandagliare e valutare gli atteggiamenti, le conoscenze, generali e specifiche, e le esigenze del pubblico per calibrare di conseguenza risposte adeguate, iniziative e programmi educativi, per avviare collaborazioni tra i vari soggetti interessati e per ovviare eventualmente alle situazioni di conflitto sorte tra le diverse parti sociali.
Per pianificare correttamente gli interventi è quindi opportuno conoscere la H.D. correlata al particolare ambito territoriale in cui si intende operare.
Nel corso degli ultimi decenni il Cinghiale ha ampliato notevolmente il suo areale di distribuzione grazie al concatenamento di più cause: alta prolificità e plasticità ambientale, rinselvatichimento territoriale e mancanza di adeguata mortalità predatoria.
Ecco allora comparire in noto ungulato tra vigneti e campi in cui non si ricorda presenza alcuna. Il forte impatto negativo a carico degli agroecosistemi è di ordine principalmente economico, in relazione al tipo di contesto agricolo, ma viene fortemente acuito da motivazioni di carattere psicologico.
Vediamone alcune. Nelle comunità agricole la presenza del Cinghiale spesse volte genera conflitti interni e alimenta il problema della accettazione del danno da parte dell’opinione pubblica legata anche e soprattutto all’assenza del fenomeno nella memoria storica delle comunità locali. Nelle piccole realtà legate ad una agricoltura familiare, collinare o montana, il fenomeno cresce in modo esponenziale e può sfociare nell’abbandono di terre marginali e nella scomparsa del presidio del territorio, con tutte le conseguenze del caso.
Dall’analisi generale della Human Dimension è emerso come talvolta l’insoddisfazione psicologica dell’agricoltore dovuta al mancato raccolto non può essere ricompensata dal mero indennizzo economico. Anzi, questo genere di danno conduce – in contesti particolarmente fragili – alla progressiva sfiducia nei confronti dell’attività agricola contribuendo al suo abbandono.
In buona sostanza è perciò consigliabile una attenta e particolareggiata analisi della Human Dimension prima di qualsiasi drastico intervento che si intende porre in essere in un dato contesto socio-territoriale allo scopo di conoscere preventivamente le caratteristiche della realtà su cui pianificare strategicamente interventi e modalità, migliorandone efficienza e grado di accettazione.
Commenti
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Ciao Daniele, probabilmente non vi è un’unica soluzione per un “problema” così complesso e sfaccettato come quello del Cinghiale. Quello che ti posso dire è che sperimentalmente l’utilizzo di repellenti gustativi ed olfattivi per allontanare il Cinghiale ha una breve funzionalità, dal momento che l’animale è in grado di assuefarsi assai facilmente. Scary HOG è un concime azotato che dovrebbe dissuadere l’animale. Si può provare ad usarlo lungo le bordure delle colture di pieno campo, ma l’efficacia solo temporanea, ti obbliga a ripete i trattamenti molte volte e dipende da molti altri fattori legati alla biologia del suide e alle caratteristiche stagionali. Bisogna fare un calcolo costi/benefici. Per colture ad alto reddito la recinzione meccanica o elettrica si dimostra essere la migliore…
Caro Pietro il tuo articolo è veramente interessante. Nel corso dei miei anni lavorativi sono incappato ben due volte nel caso analogo alla tua descrizione. Uno nella zona del Parco di Viareggio Loc.Tenuta adiacente alla Villa Borbone di Viareggio e l’altro sopra le colline versiliesi. Negli articoli proposti dalle aziende con cui lavoro vi è un prodotto americano, un repellente per cinghiali chiamato Scary HOG. Sinceramente non ho mai avuto occasione di testarlo.Non sarei neanche in grado di consigliare un eventuale tipo d’intervento. Quindi ben vengano i tuoi consigli in merito alla prevenzione dai danni causati da cinghiale in ambito agricolo.
Questo lo hai visto? http://www.quotidiano.net/coldiretti-cinghiali-danni-1.1149595