
Il surriscaldamento del nostro pianeta è ormai una triste realtà, e con il passare del tempo le condizioni non fanno che peggiorare. Questo fenomeno influenza e mette a rischio le rese delle produzioni agricole e di conseguenza la stabilità del sistema alimentare a livello mondiale.
Possiamo ricondurre le cause del riscaldamento globale principalmente ai seguenti fattori:
– L’accumulo di gas atmosferici in grado di trattenere parte della radiazione infrarossa emanata dalla terra. Ad esempio, i grandi quantitativi di anidride carbonica emanati dall’impiego di combustibili fossili.
– Ogni anno, il 25-30% dei gas serra sprigionati in atmosfera provengono dalle attività di deforestazione (circa 2 tonnellate di CO2 all’anno).
– Agricoltura e zootecnia: il metano e il protossido di azoto emanato dai suoli incidono per circa il 12% sulle emissioni di gas climalteranti in atmosfera ogni anno.
Come se non bastasse, ci si aspetta un netto aumento di queste emissioni in futuro, data la crescente domanda di cibo per sfamare una popolazione che raggiungerà i 9,1 miliardi entro il 2050.
Nel corso del secolo è previsto un aumento delle temperature medie di circa 3-4°C, e al contempo si prevede una maggiore frequenza di fenomeni meteorologici estremi, ad esempio periodi di forte caldo e precipitazioni più frequenti e abbondanti. È bene notare che un incremento delle precipitazioni può beneficiare le zone aride e semi-aride aumentando l’umidità del suolo, ma allo stesso tempo potrebbe aggravare i problemi nelle regioni con eccesso di acqua. Al contrario, la riduzione delle precipitazioni potrebbe avere l’effetto opposto.
Cercando un aspetto positivo, l’aumento delle temperature consentirebbe di aumentare la resa delle produzioni nei paesi più freddi, principalmente grazie ad un allungamento della stagione di crescita, ma contemporaneamente porterebbe diversi svantaggi. Ad esempio, consentirebbe a diversi parassiti di sopravvivere e persistere nel terreno durante l’inverno con un conseguente attacco delle colture già in primavera, favorirebbe una maggiore presenza di insetti (anche dannosi) in campo, ed infine aumenterebbe il pericolo di incendi e favorirebbe l’erosione del suolo, nonché in alcune zone l’aumento della salinizzazione delle acque di irrigazione.
L’agricoltura è senza ombra di dubbio molto sensibile ai cambiamenti climatici improvvisi, tant’è che gelate tardive al germogliamento o innalzamenti anticipati delle temperature durante la fioritura, possono mettere a serio rischio le produzioni, incidendo sulla qualità e sulla quantità della resa finale. Inoltre, è bene ricordare che l’agricoltura non serve solamente a sfamare l’uomo, ma è essenziale anche per il bestiame, tramite la produzione di foraggi. Tra l’altro, negli ultimi anni abbiamo già assistito a un peggioramento della produzione di grano, mais e riso in diverse aree.
Dobbiamo quindi chiederci: cosa possiamo fare per evitare o quantomeno ridurre il riscaldamento globale?
– Ridurre e rallentare il processo di deforestazione, permettendo così anche il mantenimento della biodiversità in diversi habitat.
– Aumentare il consumo di alimenti a Km 0: il trasporto a lunga distanza di generi alimentari incide inevitabilmente sulle emissioni in atmosfera legate alla produzione alimentare, soprattutto se questo viene eseguito con mezzi molto inquinanti. Il trasporto tramite nave, se eseguito correttamente e con un elevato carico di merci, a volte risulta addirittura meno inquinante rispetto alla produzione e alla lavorazione di prodotti a Km zero eseguita in modo errato.
– Cambiare mentalità: piuttosto che massimizzare la produttività, sarebbe bene sfruttare in modo intelligente e sostenibile le risorse a nostra disposizione, cercando di proteggere e preservare l’ambiente circostante, investendo in pratiche e tecnologie innovative che abbiano un impatto minimo sull’ambiente.
– In un contesto di aumento delle temperature e una riduzione delle risorse di acqua disponibili, sarà necessario rivedere le tecniche d’irrigazione, migliorare l’efficienza nell’uso dell’acqua e ridurne le perdite.
– Migliorare la tolleranza delle piante coltivate ai lunghi periodi di siccità e stress idrici tramite l’ingegneria genetica: ovvero regolare l’espressione di particolari geni o eseguirne l’introgressione nella specie target al fine di ottenere una varietà tollerante agli stress. Un’altra sfida per il futuro è quella di trasferire alcune caratteristiche delle piante con metabolismo C4 alle piante C3. Infatti, le piante C4 sono in grado di crescere in ambienti estremi grazie ad un utilizzo più efficiente dell’acqua e dei nutrienti. Tuttavia, le C3 e le C4 presentano caratteristiche morfologiche differenti, perciò sono necessarie ulteriori analisi molecolari.
Abbiamo già assistito ad un anticipo dei periodi di fioritura delle piante, l’allungamento della stagione di crescita di diverse colture e a cambiamenti in altri cicli naturali delle piante. Tuttavia, i cambiamenti nel calendario delle attività di coltivazione (semina, raccolto, ecc.) indicano che gli agricoltori si stanno già adattando alle nuove condizioni climatiche.
È possibile quindi affermare che l’agricoltura è in prima linea nella battaglia contro l’impatto dei cambiamenti climatici.
Commenti
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Ciao Vittorio.
Il cambio climatico é a tutti gli effetti la piú grande minaccia del nostro secolo. Oltre agli aspetti tecnici tecnico agronomici quali irrigazione, scelta colutare e varietale e maggiore raziocinio nella gestione del terreno; non é da trascurare l’aspetto socio-economico.
Il cambio climatico é “classista”, sta colpendo e impatterá piú duramente nella zona equatoriale e sub-equatoriale dove si concentrano molti paesi del secondo e terzo mondo. Per quanto un agricoltore possa fare prevenzione, la maggiore frequenza di eventi climatici estremi porta con se la maggiore ricorrenza di annate economicamente difficili dalle quali spesso, in particolare in paesi economicamente piú deboli, é difficile riprendersi. Vedo quindi la neccessitá di affiancare a tecniche preventive “locali” (varietá resistenti, cambio delle colture, cambio delle date di semina etc.) una maggiore coesione socio-economica globale. Un buon esempio sono le poche cooperative di caffé e cacao che varcano i confini nazionali (per il cacao addirittura ci sono casi rarissimi di cooperative afro-sudamericane!) proprio con lo scopo di ammortizzare il rischio economico a livello geografico. Cosa ne pensi?
Caro @Claudio, il miglioramento genetico puó risolvere, o perlomeno aiutare, a latitudini come le nostre dove un aumento di temperatura raramente comporterá una minaccia al funzionamento enzimatico e all’integritá strutturale delle proteine coinvolte nella fotosintesi. Piú ci avviciniamo a latitudini equatoriali o polari piú molte variabili climatiche sono di base vicine a soglie di danno non reversibili (degenerazione delle proteine, perdita della struttura delle mebrane cellulari etc.). Secondo te, possiamo con la CRISP-Cas, OGM etc. modificare a tal punto le nostre colture da poter risolvere questi problemi biologici? Io, come sai, sono ottimista!
Ciao Pietro,
Intanto grazie dell’interesse.
Come hai ben detto, non è da trascurare l’aspetto socio-economico. L’aumento delle temperature, degli eventi climatici estremi il più delle volte causano danni maggiori soprattutto nei luoghi sotto-sviluppati, i quali devono lavorare non poco per riprendersi.
Inoltre il processo di desertificazione è in continua crescita, e credo che nel corso degli anni assisteremo a un vero e proprio flusso migratorio di queste popolazioni in altri Paesi, costrette a “scappare” da queste condizioni difficili.
Questo sicuramente porterà a maggiori conflitti sociali, quindi dobbiamo mostrarci pronti ad intervenire, comprendendo fin da ora quali potranno essere le scelte migliori per mettere in atto uno sfruttamento sostenibile delle risorse che rimarranno a nostra disposizione.
Inoltre, penso che una buona politica sia limitare lo sfruttamento dei produttori:
Ad esempio, l’Africa è la prima potenza al mondo per la produzione di cacao e da sola produce più del 70% del cacao presente a livello globale, allora perchè i coltivatori locali continuano a vivere in condizioni di estrema povertà? Loro intascano ben poco, sebbene i grandi colossi che li “manipolano” guadagnano somme da capogiro che superano le decine e decine di miliardi.
Insomma, si dovrebbero rivedere MOLTI aspetti, e intanto il tempo scorre inesorabilmente.
È ora che i governi trovino delle soluzioni ed inizino ad agire!
Credo che un’altra azione da menzionare sia quella del miglioramento genetico per lo sviluppo di varietà che possano far fronte agli effetti del global warming. Questo ovviamente sta già accadendo. Ad esempio, molti programmi pubblici e privati di miglioramento stanno concentrando i loro sforzi sullo sviluppo di varietà piu tolleranti al caldo ed ai climi aridi.
Grazie del consiglio, ho provveduto ad aggiungere questo elemento.