Slow Food vs McDonald’s: L’Expo si merita meno ideologia Società

Va in scena l’ennesima polemica tra “buono pulito e giusto” e “grande e multinazionale”, in questo caso Slow Food vs McDonald. Il casus belli è, per l’ennesima volta, la presenza di McDonald ad Expo e, secondo Petrini: “McDonald’s vende il tramezzino a 1,20 euro, costa poco. Che carne utilizza? Se uso pane ben fatto e carne ben allevata non posso vendere a 1,20 e passo per un ladro. Ma uso carne chianina e vitello piemontese e non vacche stremate da anni di mungitura che poi diventano hamburger” (Repubblica – Dario Di Vico, 20-05-2015). Non si fa attendere la risposta a mezzo di comunicato stampa di McDonald che ci va decisamente “sul pesante”. Secondo McDonald infatti: “L’ideologia non sfamerà il mondo. Crediamo che chi è in Expo debba accettare l’idea di non essere l’unico detentore della verità, superando contrapposizioni vecchie di trent’anni. E’ triste pensare che abbia ancora bisogno di contrapporsi a McDonald per darsi un’identità. E ancora: “Non meno importante sottolineare che McDonald è presente ad Expo dopo aver partecipato a regolare bando pubblico, mentre – a quanto si legge sui giornali – per altri filosofi che dispensano giudizi non è stato necessario partecipare a nessuna gara” (Repubblica, 20-05-2015).

Ora, non è interesse mio ne di questo blog dover trovare “la squadra” per cui tifare, ma mi sembra che lo spunto di riflessione che questa polemica porta sia da non lasciar scappare. Siamo sempre più di fronte ad una frattura di filosofia del cibo e dell’agricoltura che la produce. Sempre più l’alimentazione e l’agricoltura si dividono in due (o più parti) e di conseguenza si creano le tifoserie tra i consumatori. Purtroppo, al netto delle bufale scientifiche che si sentono sia sull’una che sull’altra filosofia, non ci troviamo davanti ad un imperativo di scelta. Questo due impostazioni possono coesistere, poichè non ne esiste una vera e una falsa. La realtà è tendenzialmente molto complessa e tutto ciò che tende a semplificarla risulta sbagliato. Ogni “ricetta” deve essere ritagliata e vagliata sulla realtà aziendale e di territorio che si ha davanti. Bisognerebbe discutere di più sulle armi che si ha a disposizione, i benefici e punti critici di ogni impostazione. Non può essere che il marketing sia costituito continuamente sul dire cosa l’altro sbaglia e che l’altro è “cattivo”. Per questo credo che lo schieramento contro l’altro sia deleterio e falso (visto che spesso per portare acqua al proprio mulino si dicono cose che non stanno ne in cielo ne in terra). Si rischia se no di andare avanti, anche in agricoltura, a colpi di ideologia. Abbiamo la necessità di ogni risorsa possibile, sia mentale che fisica, per guardare alle sfide che l’agricoltura e l’alimentazione si trovano davanti nei prossimi anni. Eliminare la contrapposizione a prescindere può aiutare a far fiorire più soluzioni, più idee, più possibilità, cosa di cui abbiamo incredibilmente bisogno.

Da Expo e dagli attori che si confrontano con “Nutrire il pianeta” mi aspetto qualcosa di più (e continuo ad attendere).


“Una volta nella vita avrai bisogno di un dottore, di un avvocato, di un poliziotto e di un prete, ma ogni giorno, tre volte al giorno hai bisogno di un agricoltore”

Ho 26 anni, vivo tra Milano e Bergamo. Gli studi (scienze agrarie, specializzazione zootecnia) mi hanno permesso di appassionarmi a molti aspetti dell’agricoltura vista la sua complessità (che è soprattutto la sua bellezza e la sua fonte di fascino). Ognuno di questi ha la necessità di essere trattato con rigore, intelligenza e completezza. Perciò ho trovato nel procedere scientifico il metodo più adeguato all’esigenza di vero che ho. Sono interessato per questo ad indagare tutto ciò che fa notizia e che spesso viene travisato o storpiato nel sentire comune, sia che abbia a che fare con l’alimentazione umana (da un punto di vista normativo o qualitativo) sia che abbia a che fare direttamente con la zootecnia.

Mi sto dedicando negli studi e nella tesi, e spero mi ci dedicherò anche per lavoro, alla gestione tecnico-economica delle stalle di vacche da latte, sia perché mi affascina moltissimo, sia perché è evidente l’utilità che ciò ha per molte persone. Io voglio portare il mio piccolo contributo per migliorare questo spicchio di mondo.

 

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Commenti

  1. Andrea Pesenti Paolo Grossi Dice: maggio 26, 2015 at 4:34 pm

    Andrea, condivido in pieno.
    Quello che mi lascia più perplesso delle teorie “slow” e del ritorno al passato, è proprio quest’ultima cosa. Il ritorno al passato, e quindi ritorno a produzioni minori, ritorno a fare i “contadini”, implicherebbe un flusso di persone che dal secondo e terzo settore vadano (ritornino) a lavorare nel primario con conseguente perdita di servizi per la società. Il progresso è sempre stato associato alla riduzione del lavoro nelle campagne e ad un allungamento della vita media, ma evidentemente a qualcuno non piace. È chiaro però che una teoria del genere non sia assolutamente sostenibile dal punto di vista sociale.

  2. Andrea Pesenti Paolo Grossi Dice: maggio 26, 2015 at 7:16 am

    Tutti dovrebbero riconoscere che probabilmente “in medio stat virtus“. Petrini e McDonald’s sono due modi estremi di concepire il mondo agroalimentare, e nessuno dei due è sostenibile (McDonald’s non è sostenibile dal punto di vista ambientale e sociale, Petrini dal punto di vista economico).
    La sostenibilità ambientale, economica e sociale deve essere per forza un punto di incontro, non può essere solo uno di questi tre aspetti, altrimenti quest’uno escluderebbe completamente gli altri due.

    • Andrea Pesenti Dice: maggio 26, 2015 at 8:55 am

      L’idea slowfoodiana non è sostenibile sotto nessun punto di vista…la sostenibilità ambientale dei prodotti slow è finta. Cioè sarebbe vera solo se si potesse dire alla gente di mangiare di meno, di smetterla di mangiare. Una vacca che produce 40 litri di latte al giorno è meno impattante di due vacche che producono 20 litri. Se il confronto viene fatto tra una vacca da 40 e una da 20 vince quella da 20, ma se il confronto è fatto sui litri di latte che il mondo ha bisogno, allora l’efficienza maggiore anche dal punto di vista ambientale ricade sulla vacca da 40 litri. Idem con le colture etc! Sono comunque d’accordo che mcdonald come modello non è sostenibile (in ogni aspetto), ma è giusto così. Nulla assolutizzato è sostenibile, ogni zona, ogni terreno, ogni contesto sociale ha la sua peculiarità, non esistono “istruzioni per l’uso” di modelli giusti a prescindere da applicare.

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