
Pubblichiamo un articolo del prof. Franco Scaramuzzi, uscito oggi 1 luglio 2015 su “QN”, in quanto la tematica riguarda i giovani molto da vicino.
Attendiamo i commenti dei nostri blogger … e non solo !!!
La riforma della scuola, già approvata dal Senato, avrà certo bisogno di futuri adeguamenti per rimanere all’altezza delle esigenze dettate dai rapidi cambiamenti generazionali. Per consolidare questo punto di partenza si è reso indispensabile il saldo impegno del Governo.
Fra l’altro, è emersa la volontà di affermare la meritocrazia, attraverso una seria valutazione del lavoro svolto sia dai docenti che dagli studenti, affidandone l’attuazione a persone competenti e responsabili del proprio operato. Ma non sarà facile evitare le raccomandazioni, i nepotismi e i favori per chi ha la giusta tessera di partito, o di sindacato, o di qualcosa d’altro. Sarà comunque necessario fare il possibile perché emergano non solo i meriti di chi studia i programmi Ministeriali, ma anche quelli di coloro che manifestano intelligenza e attitudini brillanti. Il mondo del lavoro, di fatto, non tiene più conto solo delle valutazioni scolastiche ma seleziona cercando di individuare le potenziali capacità. Anche le selezioni attuate attraverso valutazioni di risposte a quiz hanno superato il periodo in cui erano “in auge”. Le capacità mnemoniche oggi non sono ritenute molto importanti, forse perché viviamo ormai in un mondo dominato dalle nuove tecnologie.
Sono condivisibili le riflessioni che inducono a riconoscere come le imprese non abbiano bisogno solo di assumere capaci esecutori, ma anche di creativi, curiosi e intraprendenti innovatori. Ci si chiede quindi se la scuola attuale sia in grado di formare soggetti che rispondano a queste esigenze. Con ottimismo, si confida che ciò possa avvenire attraverso docenti preparati, che sappiano essere guida verso motivate attitudini.
Per adeguarci alle nuove esigenze della competizione globale, bisogna guardare ai cambiamenti della scuola nei diversi Paesi, considerando l’opportunità di giungere ad un unico sistema universale, pur articolato in scuole diverse, ma equiparabili, al fine di riconoscere reciprocamente i titoli rilasciati e ottenere più facili scambi culturali e professionali in un mondo del lavoro più ampio.
Franco Scaramuzzi (Presidente Onorario Accademia dei Georgofili, Rettore dell’Università di Firenze per 4 mandati consecutivi, dal 1979 al 1991)
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“Sono condivisibili le riflessioni che inducono a riconoscere come le imprese non abbiano bisogno solo di assumere capaci esecutori, ma anche di creativi, curiosi e intraprendenti innovatori.”
Giusto. Ma vorrei aggiungere qualcosa.
A mio avviso la creatività e l’intraprendenza devono essere accompagnate da altre “skills” sulla quale le scuole/università dovrebbero puntare per formare i propri studenti.
Sto parlando dello sviluppo di capacità comunicative, di scrittura, di team-work, di senso critico. Capacità che molto spesso vengono trascurate, assumendo che vengano naturalmente sviluppate nel corso degli studi, ma non credo che sia così. Certo, rappresentano capacità che sono complementari alla didattica ma che rendono i diplomati/laureati attraenti a potenziali datori di lavoro.
In più, all’estero, corsi obbligatori per gli studenti universitari chiamati “Consultancy training” consentono loro di lavorare con un gruppo di altri studenti di altre discipline su un progetto od una problematica reale assegnatagli da una azienda, la cui qualità verrà valutata dall’azienda stessa. Mi piacerebbe vedere queste cose in Italia.
Grazie Professor Scaramuzzi,
il suo intervento mi porta a riflettere sulla nostra società che trova con difficoltà punti di riferimento, per questo giovanissimi e meno giovani dovrebbero individuare la scuola tra i riferimenti positivi. Da qui l’importanza di formare docenti all’altezza del ruolo delicatissimo e fondamentale che andranno a ricoprire, quello della formazione delle nuove generazioni. Docenti che dovrebbero esser selezionati con un unico criterio: la meritocrazia.
Sicuramente sarà necessario adeguarsi ai rapidi cambiamenti sociali e confrontarsi con i mutamenti che avvengono nella scuola a livello internazionale, solo così avremo un’istruzione che attinge le proprie regole da un sistema globale per permettere ai futuri diplomati, laureati, dottori di ricerca migliori relazioni e scambi professionali.
Per rispondere e vincere le sfide globali è fondamentale la preparazione di noi giovani e soprattutto di chi dovrebbe avere un ruolo importante nei settori fondamentali su cui si basa un’economia.
Questo articolo mi fa molto riflettere perchè penso che parte del fallimento odierno del sistema, è causato proprio dalle mancate competenze di molti in settori strategici come ad esempio l’agricoltura.
Mancanze proprio perchè frutto di raccomandazioni, nepotismi e fenomeni che aimè, sono all’ordine del giorno.
Risulta quindi fondamentale un cambo di rotta perchè sono le situazioni difficoltose che non reggono più tale sistema e quindi, è proprio in questi scenari che emerge l’importanza dello studio e della scuola.
Andrea, condivido il tuo pensiero, anch’io sono prossimo alla laurea magistrale (Agraria) e sono molto contento del percorso di studi che ho fatto; sono stato all’estero, con colleghi universitari provenienti da diverse parti del mondo; li ho potuto confrontarmi, ho capito quando differenti siano i metodi d’insegnamento, arrivando a considerare una notevole preparazione (nostra, dal punto di vista teorico ma molto lacunosa da quello pratico.
Personalmente mi ritengo fortunato perchè, vivendo sempre a contatto con le aziende agricole e avendo fatto l’istituto tecnico agrario, ho potuto applicare la teoria ma mi rendo conto che molti miei colleghi tra qualche mese saranno laureati come me e purtroppo non hanno avuto la stessa fortuna.
Bisogna quindi apportare delle modifiche al sistema scolastico e soprattutto uniformare non solo i titoli ma anche le competenze; solo così potremo dialogare, fare squadra e vincere le sfide globali.
Si è sentito molto di questa riforma della scuola, e tendenzialmente le idee di fondo mi sembrano interessanti (tranne l’assunzione indiscriminata dei precari). E’ evidente che siamo in un mondo che richiede meno “votazioni” e più “forma mentis”, meno conoscenze a loro stanti e più elasticità mentale e interesse. Il mondo del lavoro chiede sia la preparazione, ma molto anche la voglia di imparare e “crescere”. Non basta un buon voto e nemmeno la laurea (detto da uno che sta per conseguire la laurea magistrale). Spesso il laureato crede che gli sia dovuto il lavoro, ma purtroppo credo che abbia frainteso la vera idea partenza del percorso di studio e il modo con cui ha studiato. Un po’ come quelli che credono che l’università debba insegnare a far un lavoro particolare, invece che creare una mente in grado di affrontare i problemi.
Un buon sistema scolastico non può non partire da questo e soprattutto dalla possibilità di “liberare” le risorse mentale e umane di ogni singolo studente, in modo diversi, ma non sono il università. Penso che questo manchi nella scuola moderna (non in tutte ovviamente), indaffarata tra scioperi, voti da dare, posizioni ottenute, burocrazia, programmi ministeriali etc. Non che siano cose da non considerare, ma devono avere un unico scopo, quello dello studente.
E’ vero inoltre ciò che viene riportato nell’ultimo capoverso, rispetto all’unificazione di sistemi scolastici e dei titoli ottenuti. Per noi agronomi è evidente la necessità di essere equiparati ai nostri colleghi europei, non come dottori, ma come ingegneri. Carica che per il percorso di studi e la complessità dei problemi ci spetterebbe (probabilmente con qualche aggiustamento didattico comunque). Questo favorisce sicuramente una possibilità vera di circolazione di idee, menti e persone nell’unione europea, troppo spesso ridotta a fini economici (sia dai sostenitori che dai nemici dell’unione).