
Eccoci a trattare nuovamente lo spinoso tema delle biotecnologie, quelle verdi, quelle agricole.
Notizia sconvolgente: il Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste (che mi piace chiamare ancora così) ha appena finanziato con 21 milioni di euro la ricerca genetica in agricoltura. “Beh, era ora!” penseranno alcuni, ed altri penseranno l’opposto, ovviamente. Ma non di questo voglio parlare. Ciò che più mi ha sorpreso leggendo le dichiarazioni compiaciute del giovane Ministro è il rumore di fondo. Vabbe’, diciamolo subito, non si tratta affatto di “OGM”, bensì di “biotecnologie sostenibili” (sospiro di sollievo). Implicitamente contrapposte a quelle “cattive”. Si tratta, ebbene sì, di Cisgenesi e Genome editing (di cui abbiamo parlato qui e qui). Certamente un avvenimento del genere apparirà come un brusco salto nel futuro, spiando l’Italia da un altro pianeta. Ma torniamo al gioco di parole, al felice eufemismo sbocciato dal dolce connubio tra “biotecnologie” e “sostenibili”. Quasi lo stesso effetto del pronunciare “biodiversità”. Un vero piacere.
Come abbiamo avuto modo di ricordare più volte le biotecnologie sono solo una “tecnica”, uno strumento che permette di ottenere un risultato. Ad essere “sostenibile”, eventualmente, è la singola applicazione che dalle biotecnologie trae origine. L’essere sostenibile quindi dipende esclusivamente dalle proprietà e dall’uso che ne si fa della singola pianta modificata. Ciascuna pianta ingegnerizzata ha in sé proprietà differenti, a seconda della particolare modifica. La sostenibilità non risiede nel tipo di tecnica adoperata per indurre quella modifica, bensì dalle qualità e proprietà intrinseche alla modifica apportata.
Un esempio per tutti rimane il Golden Rice, riso transgenico a tutti gli effetti e dimostrazione di sostenibilità.
Comunque non facciamo troppo i menagrami che la notizia del 21 milioni è una gran notizia. Se non fosse per un particolare, non indifferente. Il progetto del Ministero prevede che le “biotecnologie sostenibili” vengano sperimentate in ambiente protetto, laboratorio o serra che siano, quando – fuori dalla poesia – molte di queste piante già esistono (dal momento che la sperimentazione in ambiente protetto è sempre stata lecita, quanto infruttuosa) e attendono solo di essere sperimentate in pieno campo. Allo stesso tempo ciò implica che le “biotecnologie sostenibili” applicate al miglioramento delle piante arboree continueranno ad attendere.
Nei fatti, la stringente legislazione europea, che il buon ministro dice di esser pronto a cambiare in favore ad esempio delle fortunate piante cisgeniche, è sfacciatamente chiara: anche le piante sostenibili sono – ad oggi – insostenibili.
Qui il link del Mipaaf sulle biotecnologie sostenibili.
In copertina: classico esempio (punito) di biotecnologie insostenibili.
Commenti
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La cisgenesi fa meno paura della transgenesi, per cui è più accettabile dall’opinione pubblica, dunque politicamente meno rischiosa. Mi pare sia stato questo il compromesso adottato dal Ministero. Questo però solo perchè per troppo tempo è stata fatta una pessima “pubblicità” alla transgenesi, mentre nessuna “bomba giornalistica” ha ancora portato la cisgenesi sotto gli occhi del largo pubblico. E se questo dovesse succedere? Assisteremo ad una nuova era di demonizzazione delle biotecnologie, nell’accezione più ampia del termine? Umberto Eco dà voce ai miei timori con queste parole: “I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività.” Se qualcuno si alzasse dal bar dopo un bicchierino di bianco e si mettesse a disquisire di cisgenesi?
Ci sarebbe sicuramente da divertirsi!
Giovanni, il problema credo sia a livello giuridico. Ad oggi, il legislatore non fa differenza tra “transgenesi” e “cisgenesi”. Dunque della pessima considerazione mediatica che la transgenesi ha me nuoce anche la cisgenesi. Credo una distinzione a livello giuridico rappresenterebbe un primo passo verso la liberalizzazione di alcune tecnologie che ci teniamo nel cassetto da anni.
21 milioni per cambiar tutto e per rimanere quindi allo stesso punto di prima! Non mi stupire se scrivessero BIO tecnologie sostenibili, così farebbero ancora più colpo con le parole
Ciao Andrea, hai proprio ragione. Il fatto è che in questi anni la classe politica (avallata anche da disinformazione imperante mista anche a disonestà intellettuale e professionale di alcuni “scienziati” – vedi il recentissimo caso del Prof. Federico Infascelli o Gilles-Eric Seralini) ha estremizzato a tal punto il dibattito che i termini “transgenico” e “Ogm” sono diventati un tabù. Ora per poter parlare di biotecnologie è d’obbligo anteporre o posporre qualche termine fiorito, o meglio, sostenibile. Come ben dice un caro amico, citando George Bernard Shaw: “L’ipocrisia è l’omaggio che la verità rende all’errore”.