
Hibiscus sabdariffa è una pianta appartenente alla famiglia delle Malvaceae, conosciuta per l’utilizzo dei suoi calici nella produzione di una bevanda che prende il nome di karkadè. Nei paesi di origine (Africa, Asia e America centro-meridionale), i suoi benefici sono conosciuti fin da tempi antichissimi.
É una delle piante note nella medicina ayurvedica per la cura di varie patologie e disfunzioni fisiologiche.
É da sempre utilizzata per l’abbassamento della pressione sanguigna e per le sue proprietà antiossidanti e antinfiammatorie, in quanto ricca di antociani, acidi organici, minerali (tra cui il ferro) e vitamine.
Ad oggi, sono stati effettuati numerosi studi riguardanti la composizione chimica dei calici di ibisco e l’impiego dei suoi principi attivi antiossidanti (antociani) per la protezione di fegato e reni nei danni causati da chemio e radioterapia.
Nel caso specifico della chemioterapia, è stato riscontrato che l’utilizzo del cisplatino (una molecola costituita da uno ione platino centrale circondato da quattro ligandi, due gruppi amminici e due cloridrici), causa nefrotossicità ed epatotossicità.
In uno studio condotto dai ricercatori della Niger Delta University è stato dimostrato che l’estratto di Hibiscus sabdariffa riduce i danni causati dal chemioterapico.
Durante l’esperimento è stata somministrata a ratti una certa dose di cisplatino seguita da una dose di ibisco cento volte superiore.
Sono stati utilizzati marcatori molecolari non enzimatici (creatinina ed urea), i quali generalmente vengono espulsi attraverso l’attività renale; se questa è compromessa i due composti si accumulano nella circolazione sanguigna. A conferma di questa tesi, dopo la somministrazione del cisplatino, i livelli dei marcatori sono risultati più alti. In seguito al trattamento con l’estratto di H. sabdariffa i valori di creatinina ed urea sono invece diminuti con bioattività dose-dipendente.
Anche nella radioterapia ci sono stati buoni risultati.
Sono stati trattati con radioterapia (fino a avere un danno al fegato) due gruppi di ratti; e solo il primo gruppo è stato trattato anche con etratto di ibisco.
A distanza di cinque settimane, nel primo gruppo vi era una sopravvivenza dell’80% dei ratti, contro il 40% nel gruppo trattato solamente con radiazioni.
Si ritiene che la maggior parte dei danni siano dovuti alla formazione di radicali liberi.
I composti chimici di questa pianta, quali la gossipetina, i glucosidi, l’acido ibiscico, gli antociani e l’acido 3-4,diidrossibenzoico, sono in grado di contrastare la formazione di radicali liberi.
Commenti
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Ciao Alba, complimenti per l’articolo molto interessante. Secondo te questo infuso potrebbe far bene alle piante?
Ciao Daniele, grazie! In merito alla tua domanda, non so rispondere in quanto le mie ricerche si sono concentrate sull’uso in ambito medico, e quindi non ho trovato fonti bibliografiche per quanto riguarda l’utilizzo come fitofarmaco.