
L’accordo TTIP (Transatlantic Trade and Investment Parnership) negoziato tra USA e Unione Europea, mira a creare la più grande zona di libero scambio del pianeta, destinata oltretutto ad aumentare se il progetto si estenderà al NAFTA (Usa, Canada, Messico) e all’AELE (Associazione Europea di Libero Scambio), realizzando l’unità economica del mondo occidentale.
In tutta Europa si va manifestando un diffuso malcontento per il TTIP. Critiche sempre più pesanti sono sollevate dal mondo associativo, da quello accademico, da alcuni importanti governi europei e dalla stessa opinione pubblica. Alcuni studi, basati essenzialmente su modelli econometrici di Equilibrio Generale, sono stati presentati a sostegno di un impatto positivo del TTIP. Si tratta in ogni caso di vantaggi minimi, stimabili in pochi decimali del PIL europeo, oltreché diluiti in un arco di tempo ultradecennale. Di converso altri studi, nel valutare l’incidenza del TTIP sull’economia europea, hanno utilizzato il modello globale delle Nazioni Unite, finalizzato a simulare gli impatti macroeconomici di shock esogeni per l’economia globale. Questo modello giunge addirittura a risultati di significativa negatività. Il taglio dei costi connesso all’accordo avrebbe effetti negativi se ciò che si taglia è il reddito da lavoro, che supporta la domanda aggregata.