La sanità della Regione Toscana contro il glifosate
L’assessore alla sanità della Regione Toscana vieta l’uso del glifosate nelle aree extra agricole per presunta potenziale cancerogenicità del principio attivo (p.a.).
A prescindere dagli studi sulla potenziale pericolosità della molecola, per la quale il nostro assessore si è attivato (giustamente) con restrizioni nel suo utilizzo nell’interesse della santà pubblica, è fortemente preoccupante il contenuto riscontrato nelle acque (il 60% dei campioni analizzati arrivava a contenere anche 2 microg/l di p.a.). Ne risulta un impatto ambientale fortemente elevato con tutta una serie di danni agli ecosistemi acquatici e terrestri.
Il quesito è: siamo davvero sicuri che vietare l’uso del diserbante in questione nelle aree extra agricole sia una misura efficace? A quanto ammonta veramente il quantitativo di questo p.a. nelle zone non agricole rispetto a quelle agricole? Non sarebbe meglio indirizzare gli imprenditori verso l’uso razionale dei presidi fitosanitari e su tecniche di diserbo più ecosostenibili? E l’obsolescenza tecnica dei mezzi aziendali atti alla difesa dei vegetali? Non sarebbe meglio attivare misure che incentivino gli agricoltori alla innovazione tecnologica e gestionale dando, per es, contributi a fondo perduto PRIMA dell’investimento?
Sebbene certe azioni politiche abbiano effetti multipli come in questo caso, credo che per la salvaguardia dei nostri ecosistemi si debba ancora lavorare molto e in maniera assai più efficace. A quando un contenuto di p.a. tendente a 0?
http://www.arpat.toscana.it/notizie/notizie-brevi/2015/vietato-in-toscana-il-glifosate-per-usi-extra-agricoli
“Sappiamo più dei movimenti dei corpi celesti che della terra sotto i nostri piedi” (Leonardo Da Vinci)
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Sono studente presso la laurea magistrale in Produzioni Agroalimentari e Gestione dell’Agroecosistema all’Università di Pisa. Sebbene sia nato a Firenze e abbia vissuto per quattordici anni a Lastra a Signa, mi sento un cittadino di Capannori, comune virtuoso della Lucchesia. Abito a Colle di Compito, un piccolo paesino rurale alle pendici lucchesi del monte Serra. Qui coltivo vigna e ulivo per l’autoconsumo. Fino a qualche anno fa, mi sono cimentato nell’apicoltura con un tirocinio universitario presso l’azienda di apicoltura biologica “Aldo Metalori”, una delle più grandi e impegnate nel territorio. Mi sono avvicinato al mondo dell’agricoltura prevalentemente per due fattori: l’orientamento studentesco fatto alle scuole medie con la visita all’Istituto Tecnico Agrario di Lucca (il laboratorio di entomologia e scienze naturali mi entusiasmò talmente tanto che mi fece sparire eventuali dubbi e perplessità); in secondo luogo, il territorio in cui vivo: essendo circondato da agricoltura, mi sono sempre più affascinato a questo mondo eccezionale. Sono cresciuto con il ritmo del mondo agricolo. La vendemmia, la raccolta delle olive, la potatura… sono tutte attività che si perpetuano di anno in anno e hanno valori molto profondi su la vita delle persone, sebbene spesso la società odierna tenda a insabbiarli e a non considerarli. E’ un mondo di equilibri! E nell’agroecosistema, il gestore di questo equilibrio è proprio l’uomo che, sempre con il dovuto rispetto per l’ecosistema, deve essere bravo nel riuscire a mantenerlo costante. Ho una grandissima passione per l’entomologia e la zoologia tutta. Ho avuto la fortuna di fare un tirocinio universitario presso il Centro di Lombricoltura Toscano, una giovanissima società semplice agricola che produce humus di lombrico.
Molte sono le difficoltà che ho potuto riscontrare durante il corso dei miei studi e delle mie attività di tirocinio: soprattutto, l’esagerata burocrazia che soffoca le aziende (soprattutto quelle giovani), l’obsolescenza mentale degli imprenditori, l’ignoranza delle persone.
L’assessore ha bandito l’utilizzo del glifosate appellandosi semplicemente al principio di precauzione: “prevenire è meglio che curare”. Di ciò si può essere più o meno critici, data la letteratura (ormai sembrerebbe anche piuttosto quantitativamente/qualitativamente importante) che sfata o incrementa i dubbi sulla cancerogenicità del p.a. Pietro, Andrea, concordo sul fatto che la scelta dell’assessore possa lasciarci un pò scettici. Però volevo analizzare la questione ambientale dell’articolo andando a sottolineare l’abuso del p.a. Qui sembra che, oltre ad aver cara la salute dei cittadini, si cerchi di diminuire il contenuto di p.a. nell’ambiente andandolo a vietare nelle zone extra agricole. Credo che in confronto all’utilizzo che se ne fa in ambito agrario, il quantitativo utilizzato in aree non agricole sia piuttosto irrisorio. Ed è qui che, secondo me, sono delle baggianate! Ripropongo: perchè invece di uscirsene fuori con azioni per la salvaguardia ambientale di dubbio conto, non si investe in politiche che possono incrementare l’efficienza dei mezzi tecnici delle aziende sul territorio? Infine, per quanto riguarda la mia ultima considerazione: son daccordo con voi che sia improbabile (non impossibile) un residuo 0 del p.a., ma una tendenza allo 0 è fondamentale raggiungerla!
Bentrovato Michelagelo,
il Principio di Precauzione, se intrepretato alla lettera, consiglierebbe di “non nascere per non crepare” e, se lo si interpreta all’italiana, si trasforma nel divieto di Ricerca scientifica pubblica. Insomma non c’è da farci troppo affidamento, soprattutto se sganciato dall’analisi richi/benefici, infatti tutti sappiamo bene che in Scienza il “Rischio zero” non esiste.
Anche perchè va bene togliere la molecola di glifosate, ma, dopo quest’operazione, quale è il sostituto equivalente che forniamo agli operatori agricoli? Chiaramente deve essere una molecola meno impattante (scientificamente dimostrabile)…al momento esite? Io non lo so.
Per il resto concordo pienamente: dobbiamo “tendere” al minimo impatto, un po’ sulla scia del “tendere” alla Felicità della Dichiarazione di Indipendenza Americana…
E’ più facile vietare il glifosate nelle zone extragricole piuttosto che costruire qualcosa ed ha molto più impatto mediatico. Dall’altra è verissimo ciò che dice Pietro, l’alternativa qual’è? Ci sono molecole meno aggressive ma con gli stessi risultato? No. Quando parli di “incrementare l’efficienza dei mezzi tecnici delle aziende sul territorio” cosa intendi? Perchè non mi risulta, ma posso sbagliarmi, che esistano mezzi tecnici specifici per diminuire l’uso di erbicidi di questo genere (se non usarne meno). E’ poi credo anche che sia impossibile per il decisore politico, soprattutto in questo momento, pensare di dare soldi per qualcosa che non si sa nemmeno se abbia o meno un senso. Più che altro bisognerebbe ben capire se i residui in falda sono veramente elevati e di quanto rispetto alle normative e alle soglie di tossicità, capire la distribuzione territoriale in base alle colture presenti, vedere e studiare le differenze tra le annate agrarie, vedere le prassi agricole usate in quelle zone nel dettaglio e confrontarsi con altre zone simile, in italia o in europa. E da qui magari concludere che si, serve che la regione fornisca un consulente alle aziende che sprecano glifosate anche con lo scopo di far risparmiare le aziende stessa. Ma con dati alla mano, strumenti, proposte, ragioni, non soldi a pioggia e soluzioni da bacchetta magica e senza sapere dove andranno a finire. Insomma un vero e proprio lavoro, che non può essere chiuso da una sentenza o da un provvedimento talebano. Purtroppo è anche vero che alla gente mediamente non interessa uno studio, un ragionamento reale, un approfondimento che impieghi tempo e risorse, ma interessa che si faccia qualcosa subito (questo è provato dalla recente, o meno, esplosione di consensi per partiti che si fondano su ciò). Mi verrebbero in mente mille cose politiche che funzionano così, dalle tasse all’immigrazione, ma rischieremmo di cambiare argomento. Se intendi questo con “incrementare l’efficienza dei mezzi tecnici delle aziende sul territorio” allora siamo d’accordo.
Mi sembra che lo scopo sia quello di minimizzare l’impatto, ma impossibile tendere a zero. Impossibile in quanto ogni azione umana ha impatto.
Ciao Michelangelo,
sto leggendo un po’ di articoli dei mesi scorsi e questo sul glifosate ha attratto la mia attenzione..In questi mesi qualcosa è cambiato, ad esempio a fine anno è uscita l’opinione di EFSA sul p.a.: http://www.efsa.europa.eu/sites/default/files/scientific_output/files/main_documents/4302.pdf
Se ti interessa l’impatto ambientale dell’attivo, a pagina 16 e nelle tabelle finali trovi il riassunto dei dati prodotti sull’attivo (modelli e monitoraggi), usati per la valutazione del rischio.
Per quanto riguarda le acque sotterranee (superamento dei 2 mg/L era per le acque superficiali o sotterranee?) i monitoraggi in vari paesi europei hanno evidenziato superamenti dei limiti consentiti di 0.1 ug/L (attenzione, limite puramente di legge!): In some cases, the authors presented some clarifications of possible causes for glyphosate findings in groundwater aquifers at levels greater than 0.1µg/L. These were that they were not directly related to representative uses and other authorised good agricultural practices. However, it often remains unclear which findings above the parametric limit originate from an authorised use in agricultural areas and which from misuses. In considering these findings, it should be also taken into account that there are other sources of glyphosate than agricultural applications, e.g. the control of weeds in streams and drains, on railways, roads, sports fields and industrial areas…
Insomma sono tanti e tali gli usi che non si capisce se questi limiti vengono superati in seguito a usi agricoli, abusi compresi..e usi non agricoli, che sono tantissimi per questa molecola.
Data la sua diffusione, dal mio punto di vista, non ci dobbiamo stupire se ne troviamo e continueremo a trovare, soprattutto se in EU verrà riapprovata la molecola, sulla base di una sua positiva valutazione del rischio. Questo non vuole certamente dire poterne abusare, intendiamoci! Dobbiamo impegnarci perchè venga usato al meglio e con le adeguate misure di mitigazione
Ciao Michelangelo,
metto le mani avanti: lungi da me l’intenzione di difendere il glifosate o chiunque altro. Tuttavia proverò a fare alcune considerazioni in merito al tuo articolo.
In primo luogo ti domando il motivo per cui si dovrebbe “prescindere dagli studi sulla potenziale pericolosità della molecola”, dal momento che a me pare il punto principale su cui impostare un’analisi oggettiva connessa ai tipi di pericolosità del p.a.
Ad ogni modo IARC ha recentemente elevato il grado di pericolosità del glifosate a “possibile cancerogeno”, ma ho notato che alcuni esperti hanno reputato questa decisione non del tutto corretta (http://www.sciencemediacentre.org/expert-reaction-to-carcinogenicity-classification-of-five-pesticides-by-the-international-agency-for-research-on-cancer-iarc/)
Come dice Andrea anche l’acrilammide contenuta nel fritto o nei biscotti ha un grado di pericolosità simile e, da altri studi, ho appreso che se andassimo a ponderare i dati ci si accorgerebbe che la caffeina, ad esempio, ha una DL50 più elevata del glifosate stesso.
Michael Specter, giornalista del “The New Yorker , dopo un’intervista con il responsabile dell’Agenzia Internazionale per la ricerca contro il cancro ha concluso così : “Tutto si riduce a un bilanciamento dei rischi: il glifosato potrebbe essere cancerogeno, ma anche guidare un’automobile può portare ad avere un incidente e portare alle sue conseguenze estreme il principio di precauzione significa anche che ci si dovrà rinunciare anche alle patatine fritte , alla tazzina di caffè oppure ai lavori che alterano il naturale ciclo del sonno.”
Infine, e al fine di un ragionamento intellettualmente onesto, è necessario considerare le reali alternative a questa molecola che ha anche uno dei periodi di emivita più corti (30 giorni) rispetto alle molecole concorrenti e i costi di produzione e utilizzo.
Io sinceramente non mi sono fatto ancora un’idea ben precisa in merito al Glifosate, allo stesso modo sono restio a farmi influenzare dagli allarmi mediatici del vari politici.
Il contenuto pari a zero penso si possa ottenere facilmente ad esempio ricorrendo alle mondine! Chiaramente scherzo. Questo per dire che, a mio avviso e senza visioni bucoliche, un agroecosistema impatta, sempre e comunque, rispetto ad un ecosistema naturale e, la buona agricoltura, declinata nelle buone pratiche, tiene sempre conto dei costi e dei benefici e cerca di limitare il più possibile l’impatto ambientale, ma annullarlo del tutto non credo sia ancora possibile, almeno allo stato attuale dell’arte.
Ciao, Michelangelo
A me sembra che la politica troppo spesso si butti sul cavallo che gli fa comodo senza guardare veramente tutte le sfaccettature del problema. Per esempio potrebbe aiutare a capire la questione che anche il fritto è nella stessa categoria in cui hanno messo il glifosate, ma nessuno va in giro a bandire il fritto, si dice giustamente di usare una dieta varia. Perchè è la quantità a fare il veleno. Il divieto nelle zone extra agricole è il classico modo di far mettere la coscienza in pace alla gente, ma senza guardare il problema, se il problema c’è. Visto e considerato anche che non avrebbe potuto vietarlo nelle aree agricole, poichè avrebbe creato la sommossa degli agricoltori e grossi problemi alle colture. Rispetto alla tua ultima domanda credo sia impossibile, ci sarà sempre qualcosa che ci finirà dentro, si tratta si di diminuirlo e avere p.a. sempre meno persistenti, ma col tempo. Si sono fatti enormi passi negli anni, è sempre più difficile brevettate un p.a. in questo campo perchè giustamente deve avere più requisiti di un tempo. Si sta andando nella giusta direzione e gli occhi sono sempre puntati lì. Giusto così, ma usando la ragione.
Ti consiglio di leggere questo articolo sul risk assessment proprio sul roundup che secondo me è completissimo http://www.newyorker.com/news/daily-comment/roundup-and-risk-assessment