La mia (prima) visita ad Expo: una fucina di giudizio Opinioni

Finalmente sono riuscito a visitare l’Expo di Milano insieme ad un gruppo di amici universitari e imprenditori del settore provenienti più o meno da tutta Italia. Dopo pagine e pagine di articoli e recensioni sono riuscito a vederlo con i miei occhi. Premetto che ci ho passato una giornata intera, ma totalmente insufficiente per vedere tutto l’Expo e farsi un’idea globale precisa e completa, però sono certo di poter dire qualcosa. Partivo con un po’ di dubbi (che comunque non se ne va) rispetto ad una pochezza di contenuti (assenza totale di zootecnia e Ogm) dell’evento dal titolo così affascinante e impegnativo e, quando presenti, dai contenuti totalmente sconnessi dalla realtà. A tal proposito non mi dilungo e rimando alle varie polemiche Slow food contro McDonald’s (http://blog.georgofili.it/slow-food-vs-mcdonalds-lexpo-si-merita-meno-ideologia/) o alla presenza di Vandana Shiva o al recente arrivo di Evo Morales (che forse è peggio della Shiva http://www.ilfoglio.it/economia/2015/06/16/perch-evo-morales-il-testimonial-perfetto-per-certa-retorica-di-expo-2015___1-v-129882-rubriche_c171.htm) che segnano un po’ l’andazzo culturale dell’esposizione. Grazie a Dio i padiglioni dei vari stati sono per la maggior parte privi di questa retorica inutile e antistorica.

Per prima cosa ci siamo fiondati al padiglione Italia, accolti da una lunga fila che si snoda davanti al famoso albero della vita e sotto all’edificio di 6 piani frutto del progetto di Nemesi&Partners e realizzato con pannelli di cemento biodinamico (giuro che il termine non evoca nessuna magia dell’omonima agricoltura, ma sono pannelli brevettati da Italcementi che catturano alcuni inquinanti e li trasformano in sali inerti). Il padiglione Italia ci viene presentato come l’unico padiglione che vuole portare contenuti: un percorso attraverso la bellezza del creato, dal Cervino al mare di Sicilia per poi cadere nelle mostruosità di cui l’uomo è capace attraverso una dozzina di schermi con servizi di telegiornali. Dopo un video della rinascita dell’Abruzzo, il tutto si risolve mostrando la bellezza che l’uomo è capace di produrre attraverso basiliche, costruzioni e modifiche del territorio. Insomma il messaggio è chiaro, siamo capaci di creare bellezza, di stare nel mondo e rispettarlo anche se ogni tanto ci sfugge la mano, ma si parte da una positività, da una necessità di rilancio. Peccato che la realizzazione dei temi interni lasci molto a desiderare, basti pensare ai 22 personaggi che sono stati rappresentati all’interno come sinonimo di “creatori di bellezza”, piccoli agricoltori che al 90% trasmettono modelli di agricoltura marginale e dalle convinzioni biasimabili. Rimane comunque un percorso interessante e che lancia degli spunti e delle chiavi di lettura per impattarsi con gli altri padiglioni.

Dopo vari padiglioni decisamente deludenti, Cina, USA in primis, sono finito in quello che per me è il migliore in assoluto: il padiglione di Israele. Sappiamo tutti le qualità dell’agricoltura israeliana e l’intelligenza che sempre hanno applicato per risolvere i loro problemi fino a poter coltivare praticamente il deserto (basta guardare da google earth il confine a nord tra Sinai e Israele e da una parte vederemo grossi campi coltivati circolari e dall’altra il deserto). Questo padiglione ne è un concentrato incredibile, rappresentato in modo molto accattivante da un video con la bella Moran Atias che presenta “la sua famiglia” e l’invenzione dell’irrigazione a goccia (ora applicata anche alle coltivazione di riso), le tecnologie zootecniche e le numerose varietà da loro inventate. Una storia che commuove decisamente in alcuni tratti e che intercetta e mostra la bellezza che sa generare un paese con le sue persone e la sua tecnologia. Bellezza che si scontra in questo cosa con la natura arcigna del deserto e dell’assenza di acqua in cui il 50% dell’acqua potabile deriva da desalinizzazione del mare. Ovviamente il taglio è molto divulgativo, nessuna cosa è approfondita, ma per un luogo così è veramente il massimo e ottiene il suo scopo. Per approfondire un po’ di più riusciamo a parlare con un rappresentate della KKL che come “azienda” del popolo di Israele si occupa di creare boschi, riqualificare e creare bacini d’acqua (il 70% dei bacini d’acqua ad uso agricolo è della KKL) e applicare la propria tecnologia a progetti internazionali. Ci racconta del loro progetto in Africa per cui stanno fornendo competenze e tecnologia alle popolazioni locali per poter sfruttare al meglio l’acqua. Il tutto documentato con foto di prima e dopo, dati etc. Anche ora scrivendo mi verrebbe voglia di dire al mondo cosa fanno tanto è bello. Il succo: il sostenibile passa dal tecnologico, non dal tornare indietro.

Il secondo padiglione estremamente bello è quello degli Emirati Arabi, condito però da un gusto tutto particolare che potrebbe far storcere il naso a qualcuno, ma che rimane interessantissimo. Emirati Arabi che si trovano ad importare il 90% delle derrate alimentari e che non hanno nemmeno un fiume sul loro territorio. Il padiglione si snoda all’interno di una gola di finta roccia con pannelli interattivi che mostrano i problemi e gli accenni di soluzioni che stanno provando a percorrere. Poi si finisce sostanzialmente al cinema, un filmato di 10 minuti realizzato tecnicamente molto bene: la storia di una bambina e della nonna che ha vissuto sulla sua pelle l’assenza più totale di tutte le comodità che ora caratterizzano i moderni Emirati Arabi. Il tutto finendo in una proiezione simil 3D, ma senza occhialini in cui la protagonista, Sara, ci propone il loro modo di vedere i problemi e le richieste per il futuro che partono dalla scienza e arrivano alla solidarietà tra i popoli. Uscendo dal padiglioni ci si trova l’enorme pubblicità del prossimo Expo, Dubai 2020. Solo a vedere la pubblicità viene voglia di comprare i biglietti per andarci, una cosa che farà impallidire il nostro Expo credo (con tutto il rispetto). Interessante notare come un popolo come quello degli Emirati Arabi che ha la possibilità di importare ciò che vuole decida di puntare sullo sviluppo agricolo. Non stiamo parlando solo di un comparto economico quindi, ma di un vero e proprio settore strategico e di sviluppo di stato.

Ultima nota sui padiglioni: decisamente interessante l’idea Austriaca della realizzazione di un bosco nel padiglione, bosco vero. Un progetto enorme (49 mila metri quadri di superficie fogliare che producono ossigeno per 1800 persone all’ora), molto interessante che gioca sul fatto che il “respiro” delle piante è cibo fondamentale per noi e per loro stesse. Anche qui, senza tecnologia non si va da nessuna parte. Molto in linea con gli intenti e i modi del KKL tra l’altro. Insomma il filo rosso si allunga…

Alla fine dei conti sono soddisfatto di questa prima visita. Soddisfatto, ma anche deluso da alcune idea. Però una cosa è chiara: l’idea del padiglione italiano è vera. Siamo generatori di bellezza (non solo noi italiani, ci mancherebbe) e abbiamo gli strumenti per farlo: sia tecnologico-scientifici, ma anche umani, se i due aspetti non si fondono e non trovano una sintesi andremo sempre nella direzione sbagliata. Credo che questo Expo abbia un profondo senso, che non credo fosse negli intenti degli organizzatori inizialmente, ma la possibilità di trovarsi tutti li, culture/colture diverse, mostrarsi i propri pregi (e forse anche i difetti, alcune nazioni le censurano totalmente come se dovessero mostrarsi “belli belli in modo assurdo”) aiuta a far funzionare la testa e, perchè no, pure il cuore, che non guasta mai (si anche la presenza di una realtà come Mc Donlad’s permette ciò).

Lunga vita all’Expo di Milano quindi! (anche se i dubbi iniziali di cui parlavo rimangono).

 


“Una volta nella vita avrai bisogno di un dottore, di un avvocato, di un poliziotto e di un prete, ma ogni giorno, tre volte al giorno hai bisogno di un agricoltore”

Ho 26 anni, vivo tra Milano e Bergamo. Gli studi (scienze agrarie, specializzazione zootecnia) mi hanno permesso di appassionarmi a molti aspetti dell’agricoltura vista la sua complessità (che è soprattutto la sua bellezza e la sua fonte di fascino). Ognuno di questi ha la necessità di essere trattato con rigore, intelligenza e completezza. Perciò ho trovato nel procedere scientifico il metodo più adeguato all’esigenza di vero che ho. Sono interessato per questo ad indagare tutto ciò che fa notizia e che spesso viene travisato o storpiato nel sentire comune, sia che abbia a che fare con l’alimentazione umana (da un punto di vista normativo o qualitativo) sia che abbia a che fare direttamente con la zootecnia.

Mi sto dedicando negli studi e nella tesi, e spero mi ci dedicherò anche per lavoro, alla gestione tecnico-economica delle stalle di vacche da latte, sia perché mi affascina moltissimo, sia perché è evidente l’utilità che ciò ha per molte persone. Io voglio portare il mio piccolo contributo per migliorare questo spicchio di mondo.

 

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