Evoluzione tecnologica aggressiva o evoluzione morale dolce? Società

In un’intervista recente Stephen Hawking si esprime sul futuro del nostro pianeta prevedendo che la causa dell’estinzione della razza umana sarà determinata dalla sua naturale “aggressività”.
Quando l’uomo era un animale poco più evoluto delle altre scimmie e doveva difendere con la clava il proprio cibo e la propria grotta dai predatori, questa aggressività gli avrebbe consentito di aumentare le sue chance di sopravvivenza, ma ora?
Il problema centrale che individua quest’osservazione di Hawking è che mentre l’uomo si è evoluto in termini di tecnologia a livello di indole è rimasto fedele ai suoi progenitori cavernicoli, ovvero la medesima aggressività un tempo utilizzata per difendersi dai pericoli di una natura selvaggia, l’uomo al giorno d’oggi  la riversa in diverse attività fra cui anche quella compulsiva di accumulare denaro e beni.
Quando parliamo di progresso, pensiamo di sovente ad un maggiore sfruttamento delle risorse messe a disposizione dalla natura, e l’evoluzione per noi si misura in termini tecnici o tecnologici, raramente si associa il termine evoluzione con miglioramento effettivo della qualità della vita in termini di una parola che sembra essere stata cancellata dal vocabolario: la parola felicità, per far posto a parole quali: produttività, plusvalore, etc etc
In migliaia di anni di evoluzione in sostanza l’uomo ha effettivamente raggiunto un “ammirevole” traguardo, quello di essere in grado di distruggere se stesso e l’intero pianeta in pochissimo tempo.
Hawking nel suo articolo si riferiva all’utilizzo delle armi nucleari, che possono annientare ogni essere vivente istantaneamente, ma il crescente inquinamento e l’enorme dispendio di risorse dettate dal nostro vivere quotidiano, sono un’arma in grado di logorarci più lentamente ma non meno efficacemente di un’apocalisse nucleare.
Ora il senso di questo mio breve articolo è quello di chiedervi se progresso per voi consiste in un miglioramento della condizione umana o in mero aggiornamento tecnologico.
Non sarebbe un atto evolutivo quello di comprendere i limiti legati alla nostra indole o natura?
E’ vero o non è vero che sebbene siamo circondati da ogni comfort e tecnologia l’uomo è sempre e comunque insoddisfatto ed anzi, malattie moderne come stress ed ansia stanno ad indicare che questo nuovo stile di vita, basato sull’allontanamento dai ritmi ed ambienti naturali, disturba e crea nevrosi nell’uomo?
Entrando nello specifico del campo dell’alimentazione, quante patologie sono nate e minacciano l’uomo a causa della qualità e quantità di cibo che ingeriamo in questi ultimi anni?
Io credo personalmente che ogni ragionamento dovrebbe partire dal presupposto di una lucida esamina dello stato attuale ed agire di conseguenza, cercando di concentrarsi sulla sostenibilità delle nostre scelte, pensando alla sopravvivenza della nostra razza che non passa dai laboratori ma dalla presa di coscienza di noi stessi e della natura che ci circonda.
Si parla tanto di nutrire il pianeta, ma che valore hanno questi discorsi quando vengono fatti da multinazionali che vedono il cibo solo come uno strumento di profitto?

Solo consegnando alle comunità locali la sovranità alimentare si è in grado di far fronte a problemi come la fame e la denutrizione, non è un problema che può essere risolto in laboratorio e/o da chi utilizza il cibo esclusivamente come profitto fine a se stesso in un’ottica puramente capitalista.

Il cibo come l’aria è un diritto e non può essere controllato egemonicamente da società private e multinazionali. Iniziando a capire questi concetti forse riusciremmo a raggiungere un piccolo stacco evolutivo, abbiamo mandato uomini nello spazio eppure abbiamo difficoltà a controllare la nostra stessa aggressività, ed in molti paesi si muore per denutrizione o per mancanza di semplici cure mediche.

ps

E comunque nello spazio abbiamo mandato prima le scimmie… (coi medesimi risultati in termini evolutivi).

 

 


Nicola Zurlo

“L’unica agricoltura possibile è quella che nasce dall’alleanza tra l’uomo e la natura.”

Vivo in Calabria, a Crotone. Ho 30 anni, la mia formazione è prettamente legata al mondo del cinema ma da qualche anno sto iniziando ad interessarmi di agricoltura lavorando nell’azienda di famiglia. Ho riscoperto un antico agrumeto, un tesoro di biodiversità da cui sto iniziando a produrre delle marmellate. Ancora non sono un agricoltore ma è questa la direzione in cui sto lavorando. Sono molto impegnato con l’associazione Slow Food. Nella mia vita ho viaggiato parecchio, sono stato a Roma diversi anni, Milano, Madrid, Londra ed infine sono tornato alla mia terra. Gestisco anche un agriturismo, la nostra antica masseria costruita dai miei antenati nel 1750. La mia famiglia fa agricoltura da sempre, ma c’è stato un salto generazionale che ora sto tentando di colmare.

Commenti

  1. Nicola Zurlo Paolo Grossi Dice: luglio 24, 2015 at 8:27 am

    Mi viene da pensare all’aggressività dei virus all’ingresso in un organismo ospite. Riescono in poco tempo a scatenare la malattia propagandosi senza apparenti limiti, ma alla lunga soccombono quasi sempre. L’aggressività umana rischia, come scrivi, di ritorcersi contro l’uomo stesso.
    Ma l’uomo non soccombe, e probabilmente non soccomberà perché è l’unico essere che può ragionare e trovare soluzioni ai problemi. Lo sviluppo tecnologico e agricolo dell’ultimo secolo ha permesso, dove è avvenuto, di sconfiggere la fame e di allungare la vita media a livelli prima impensabili.
    Questo progresso per la sua estrema velocità ha causato gli effetti negativi che hai descritto. Ora sta all’uomo stesso e alla sua intelligenza riportare questo progresso dalla sola sostenibilità economica a quella ambientale (processo già iniziato) e sociale (il problema di cui parli).

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