
Basta andare su Google e, senza sforzo, troverete qualsivoglia, inimmaginabile, “complotto Xylella“. Potrete leggere tutto ed il suo contrario, anche, ma soprattutto, nello stesso articolo!
Il batterio non esiste, anzi è sempre stato presente in Italia, lo hanno portato gli scienziati, sicuramente Monsanto, ma c’entra la TAP. No, il batterio è un virus che è un bluff contro il Salento, ma sono i funghi i veri responsabili della moria delle piante; non si esclude nemmeno lo zampino delle scie chimiche. “Non c’è mica correlazione tra infezione batterica e CoDiRO” si sente anche dire, mentre sui social media impazza il “clicca qua” per scoprire la cura per gli olivi che nessuno ti vuole dire.
Il succo della questione era già stato sintetizzato su questo blog ad aprile scorso, nel frattempo, la sostanza non è cambiata di un’acca. Quella scientifica, ovviamente. Si sa ancora poco e non si hanno certezze. Tranne che una: l’infestazione è ormai ineradicabile e sembra essere destinata a risalire lo stivale. Anzi due. Il Piano Silletti è stato bloccato e alcuni ricercatori del CNR e dell’Università di Bari sono stati indagati dalla Procura di Lecce. La situazione creatasi ha dell’assurdo e del grottesco, e non potrebbe essere altrimenti, quando la volontà del giudice e del politico ricalca quella dell’attivista “complottaro” e si sostituisce alla realtà scientifica, in una delicata situazione che richiede esclusivamente una soluzione tecnica.
In questi mesi ho maturato la convinzione che il caso Xylella, prima ancora di essere un’emergenza fitosanitaria, sia un problema di radice sociale. Non si riesce a capire chi abbia ragione, di chi sia meglio fidarsi. Del resto parlano e scrivono tutti. Persino i cantanti dicono la loro sul batterio assassino!
Per questo motivo, ho pensato di proporvi un parallelo con un’altra fitopatia che ha devastato – all’incirca un secolo fa – e ha quasi estinto, la pianta simbolo, assieme all’olivo, del mediterraneo, la vite. Sto parlando della Fillossera. Questa malattia, provocata dall’omonimo insetto, proveniente dall’America e proliferato dalla fine ‘800 in larga parte dell’Europa, aveva condotto irrimediabilmente a morte moltissime piante di vite. Poche quelle rimaste in vita, non sembrava più possibile sperare in qualche soluzione.
Nei primi anni del ‘900, naturalmente, non c’erano multinazionali cattive cui indirizzare ogni colpa e neppure workshop di scienziati pazzi, ma sicuramente non poche persone avranno creduto a qualche sgarbo religioso, a qualche disegno maligno architettato a danno della Vite, al dio vino, metafora dei vizi dell’uomo. O più verosimilmente, si sarà pensato a cinici individui intenzionati ad arricchirsi a danno della collettività. Dietro ad una simile epidemia, non ci poteva che essere se non qualche colpa da espiare, qualche untore o qualche interesse criminale ed economico. Come giustificare e sopportare, altrimenti, un dramma di tale portata?
Infatti, di lì a poco, quella che era una semplice maldicenza, un ingenuo sospetto prese piede e si consolidò non appena dalle Cattedre ambulanti di Agricoltura in giro per l’Italia comparvero esperti che offrivano – a caro prezzo – piante resistenti alla moria. Non a caso, una scarsa attitudine alla radicazione contraddistingueva le nuove viti, che perciò male si prestavano all’autoreplicazione. Insomma: una forma di dipendenza ante litteram da parte dei possessori dei segreti delle nuove viti contro i contadini, potenti e furbi contro deboli.
Come se ciò non bastasse, i “sedicenti scienziati” sostenevano che non era sufficiente sostituire le piante infette con le barbatelle immuni, ma anzi si doveva impiantare ex novo l’intero vigneto, oltre ad eradicare e distruggere le piante infette. Insomma, non ci volle molto a raccogliere gli indizi e trovare il cui prodest.
Chissà infine quale sconcerto misto a terrore si disegnò nei volti quando gli scienziati -chiamati a risolvere il problema della stentata radicazione caratteristica della vite americana unitamente alla scarsa produzione – presentarono la celebre soluzione: mostruose creature bimembre formate dal nesto di vite europea su piede americano!
“Non si deve giocare con la natura!” avrà sicuramente strillato il solito commentatore, che però, non disponendo ancora di facebook o di un simile strumento di “disinformazione di massa”, non era in grado di spargere allarmismo e le proprie strambe idee.
Ad ogni buon conto, tutti ormai sappiamo come è finita: bene.
Commenti
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Bellissimo articolo Pietro! L’unica differenza è che purtroppo non siamo ancora alla fine della vicenda!
Grazie Claudio, sono contento che sia piaciuto. Hai ragione, la vicenda Xylella non è ancora conclusa, anzi…
Col finale ho voluto essere ottimista, fiducioso nelle soluzioni tecniche che la Ricerca può contribuire a dare (a patto di non ostacolarla). Ho voluto anche tirare una frecciatina a tutti i “complottari” e disinformatori occasionali e professionisti! 😉