
La particolarità del settore agricolo, come le piccole dimensioni medie di impresa (specialmente nella realtà italiana), l’operare in regime concorrenziale, la rilevanza politica dell’approvvigionamento alimentare spiega perché ricerca e sperimentazione in questo settore sono in larga prevalenza finanziate da soggetti pubblici. Anche in sistemi di ricerca ed innovazione più “sofisticati”, con un importante contributo dei soggetti privati, il ruolo del pubblico rimane centrale. Negli ultimi decenni, però, a partire dai paesi più sviluppati, per coinvolgere poi gran parte delle realtà nazionali (Paesi emergenti compresi), si è cominciato ad assistere ad una progressiva diminuzione dei tassi di crescita dell’investimento pubblico in ricerca agricola. Il dibattito intorno alla ricerca agricola pubblica a livello internazionale ha preso atto di questi limiti di budget, indirizzando al meglio l’attività così da far convergere l’azione dei vari soggetti in una logica di sistema. Ed è proprio una performance di sistema ciò che fa sì che l’agro-alimentare di un paese si collochi tra i leader nello sviluppo tecnologico del comparto agricolo internazionale.
La sfida è ridisegnare il sistema della ricerca pubblica agro-alimentare, in modo che assuma il carattere della flessibilità, piuttosto che della dispersività. Questa riorganizzazione verso un sistema “a rete” richiede alcuni passaggi istituzionali, apparentemente senza costo, ma non indolori, che non si è riusciti, o non si è voluto, ancora compiere. Tra questi, i tre principali potrebbero essere:
–> selezione e ridimensionamento: non è possibile pensare di mantenere in vita tutte le strutture i ricerca attuali. E’ necessario concentrare le risorse riducendo il numero di strutture e favorendo la crescita dimensionale delle migliori; –> collaborazione istituzionale: in un sistema “a rete” non vi è gerarchia tra sistema universitario, ricerca pubblica governativa extra-universitaria, centri regionali e sistema delle imprese. Allo stesso tempo, in questo modello, la forza complessiva è generata dalle interazioni, rinforzando gli scambi di risorse, capitale umano e conoscenza tra tutti questi ambiti; –> integrazione: è evidente che un disegno “a rete” difficilmente avrà successo se si procede con interventi in ordine sparso. Riorganizzazione delle strutture che lavorano nella ricerca agricola (ad es. il CRA Centro di Ricerca in Agricoltura), competenze regionali, riforma del sistema universitario, incentivi fiscali ed agevolazioni per le imprese che fanno ricerca, ecc., sono tutte misure che se non realizzate con coerenza e nelle giuste tempistiche potrebbero compromettere l’efficacia della Ricerca stessa.
Su questi tre passaggi, sui loro tempi e modi, vorrei aprire il dibattito e concentrare l’attenzione. Se non altro, perché una vera riflessione del mondo della ricerca e dell’università su questi aspetti renderebbe più credibili e legittime le richieste di maggiori risorse pubbliche. Nell’ottica dell’autorità che riveste questo blog, mi chiedo se ci sono ulteriori suggerimenti e proposte da parte degli autori, dall’Accademia e di tutti coloro che vogliono commentare ciò che potrebbe/dovrebbe esser fatto politicamente per la ricerca pubblica agricola in Italia.
RICERCA, INNOVAZIONE, COMPETITIVITÀ E CULTURA SONO IL MOTORE DELLO SVILUPPO DI UN PAESE. SOLTANTO IN PRESENZA DI QUESTI FATTORI SI PUÒ ASSICURARE UN SISTEMA ECONOMICO COMPETITIVO, IN GRADO DI GENERARE OCCUPAZIONE, MAGGIOR BENESSERE E MAGGIORE COESIONE SOCIALE. TUTTO CIÒ NON È POSSIBILE SENZA LA CREAZIONE DI UN APPROPRIATO CAPITALE UMANO E SENZA ADEGUATI INVESTIMENTI NELLA RICERCA SCIENTIFICA.
Commenti
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Condivido, procedendo in ordine sparso non si va avanti molto.
C’è poi da riuscire a connettere meglio chi fa ricerca con chi sarà il fruitore della ricerca, cioè le aziende. Spesso la ricerca, specie quella più di base, rimane confinata nei centri ricerca.