
Da neofita di questo blog ho pensato di scrivere il mio primo post trattando uno dei temi del mondo agro-ambientale che conosco meglio, ovvero che cosa sta alla base dell’autorizzazione di un prodotto fitosanitario. Può sembrare un tema non dei più affascinanti, ma anche alla luce dei recenti dibattiti sul glifosate, credo sia utile fare chiarezza su quali processi sono alla base dell’autorizzazione dei prodotti fitosanitari (questo è il termine usato a livello formale in Italia, ma possiamo chiamarli anche pesticidi, agrofarmaci, antiparassitari), che siano insetticidi, nematocidi, erbicidi, fungicidi.
Si può dire che tutto cominciò nel 1991, quando con una direttiva, la 91/414, il Consiglio europeo introdusse le procedure di gestione e valutazione del rischio nel mondo dei pesticidi in Europa.
Questa normativa stravolse il mondo dei fitosanitari perché introdusse un duplice sistema di autorizzazioni:
- a livello europeo per la sostanza attiva;
- a livello nazionale per il prodotto formulato, che può contenere solo sostanze attive approvate in EU.
Questa direttiva, che in Italia entrò in vigore nel 1995, stabiliva criteri unici da adottare per approvare pesticidi validi per tutti i paesi membri dell’unione, a differenza di prima, quando ogni stato era libero di autoregolamentarsi. Obbligava esplicitamente i richiedenti le autorizzazioni a presentare il risk assessment, la valutazione del rischio per l’uomo e l’ambiente.
Ma veniamo al regolamento oggi in vigore oggi, che risale al 2009. A differenza della direttiva, questo non ha necessitato del recepimento tramite leggi nazionali nei singoli stati. Il regolamento ricalca le procedure già descritte nella direttiva precedente, mira ad armonizzare ancora di più e snellire i processi e i requisiti a livello europeo. Alcune novità introdotte:
- Assegna un importante ruolo di commento e coordinamento nella valutazione dei principi attivi all’EFSA, l’autority europea per la sicurezza alimentare nata nel frattempo nel 2002;
- Suddivide l’Europa in tre zone: Nord, Centro e Sud (per tenere conto delle diverse condizioni ambientali e climatiche) e introduce così il concetto di valutazione zonale per i prodotti formulati;
- Stabilisce dei cut-off criteria che “bollano” alcune sostanze attive come “candidate alla sostituzione” sulla base delle loro proprietà chimico- fisiche e tossicologiche.
L’intera analisi del rischio è in carico alle aziende produttrici o rivenditrici delle sostanze/prodotti. Queste infatti devono sottomettere obbligatoriamente una grande quantità di dati e informazioni di vario tipo e la conseguente valutazione del rischio sotto forma di dossier.
Sia nella procedura di approvazione di una sostanza attiva che di un prodotto formulato, viene designato uno stato membro come valutatore (la Germania nel caso del glifosate, tramite l’agenzia tedesca BFR- Bundesinstitut für Risikobewertung), e tutti gli altri stati sono tenuti a commentare il lavoro da esso svolto.
La conclusione sui processi di risk assessment delle sostanze attive viene riportata in una Scientific opinion di EFSA, liberamente consultabile sul sito. Per intenderci, il documento che nel caso del glifosate ha stabilito la sua non cancerogenicità nella sezione dedicata alla valutazione del rischio per l’uomo (EFSA opinion glyphosate).
Una volta che la sostanza attiva è approvata (la conclusione arriva dopo diversi anni dalla presentazione dell’istanza) le aziende procedono con le richieste per la messa in commercio dei prodotti formulati contenti quella sostanza. Per questo è sempre necessario produrre dei dossier, leggermente ridotti rispetto a quelli preparati per l’attivo, anche perché si fa uso di dati già prodotti per l’approvazione dell’attivo.
L’organo esecutivo della Commissione europea che approva una sostanza attiva è la DG SANTE, Direzione Generale per la salute e la sicurezza alimentare (ex DG SANCO) sulla base dell’Opinione scientifica di EFSA (pagina sul sito SANTE: DG sante pesticides)
La fase di decretazione ed emissione delle etichette dei prodotti formulati rimane di competenza delle autorità nazionali preposte nei singoli stati membri (che può prendere ulteriori decisioni nell’ambito della gestione del rischio, anche tenendo conto di specifiche situazioni e leggi nazionali)
Riassumo al massimo in un elenco quali tipi di informazioni devono essere riportate nei dossier per ottenere l’autorizzazione di una sostanza attiva e di un prodotto fitosanitario:
- Dati sull’efficacia agronomica del prodotto, che va dimostrata tramite la presentazione di opportuni trials (sulla base di linee guida EPPO);
- Dati sulle proprietà fisico-chimiche dell’attivo/prodotto;
- Dati sulla tossicità della sostanza per l’uomo e conseguente valutazione del rischio per quattro categorie: operatore, lavoratore, residente, astante;
- Valutazione dei residui negli alimenti e nei mangimi (calcolo MRL-Maximum Residue Level);
- Valutazione del destino nei vari comparti ambientali aria, acque, suolo (pagina sito SANTE: FOCUS models);
- Valutazione dei possibili effetti ecotossicologici su flora/fauna non bersaglio.
Prossimamente potremo approfondire alcuni di questi aspetti…spero intanto di avere dato anche solo un’idea di che mole di lavoro, in termini temporali ed economici, è richiesta alle aziende e alle autorità, prima di poter usare gli agrofarmaci!
(foto Toselli.it)
Commenti
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Ciao Silvia, complimenti per l’articolo, ritengo sia molto interessante. Venerdi’ scorso ho partecipato ad una riunione indetta dall’Azienda Usl Toscana Nordovest in tema di fitosanitari relativamente al D.LGS 150/2012 e DM 22 gennaio 2014 per allinearsi al nuovo regolamento comunitario, dedicata agli utilizzatori professionali e ai distributori. Premesso che siamo in un momento di transizione e con tutto l’impegno degli operatori dei vari enti a voler interpretare queste nuove norme a mio avviso avverto un clima di poca chiarezza sugli obblighi dei distributori di tali sostanze. Dato che le competenze in materia di fitosanitari in gran parte sono delle regioni troviamo una situazione disomogenea su tutto il territorio nazionale e addirittura nonostante abbiano fatto questi accorpamenti ( es:Az. USL TOSCANA NORDOVEST) troviamo delle differenze di obblighi da comune a comune. Secondo me al distributore vengono date delle incombenze troppo arbitrarie e di facile discutibilità considerando il contesto in cui si opera. Secondo me servirebbe una linea guida piu’ netta. Qual’è il tuo punto di vista a proposito di queste nuove normative?
Ciao Silvia,
Grazie per il tuo contributo!
Mi piacerebbe sapere di più sulla procedura che comporta il ritiro dal mercato di una sostanza attiva, o formulato perché considerato dannoso per l’uomo e/o ambiente.
Il paese valutatore di una sostanza, dalla sua approvazione da parte della DG SANTE, fa delle analisi costanti sul prodotto, o ne mette in dubbio la “sicurezza” dopo sollecitazioni da parte di terze parti (centri di ricerca, agricoltori, enti vari)? Ad esempio, il bromuro di metile è stato phased-out nel 2005 (se non erro), qual è stata la procedura adottata per il ritiro? Qual è la prassi?
Sono sicuro che con questa domanda, ti abbia dato uno spunto per un altro articolo
Ciao, la revoca di una sostanza attiva o la non riconcessione di autorizzazione di un prodotto deve comunque seguire una procedura di valutazione del rischio secondo le normative europee. Ho controllato il caso del bromuro di metile (questo sito è il database di tutte le sostanze approvate e non in Unione Europea: http://ec.europa.eu/food/plant/pesticides/eu-pesticides-database/public/?event=activesubstance.selection&language=EN). Questa molecola era stata valutata da UK, che aveva constatato gravi problemi per possibili effetti nocivi sulla salute umana e in particolare sugli astanti e sui consumatori (oltre ad altri problemi non risolti, se guardiamo EFSA opinion…). La commissione, sulla base della valutazione UK e della conclusione EFSA, nel 2008 non ha più inserito questa molecola nella lista positiva degli attivi (http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX:32008D0753).
In generale, il Reg. 1107/2009 stabilisce che se l’approvazione è revocata a causa di preoccupazioni immediate per la salute umana o animale o per l’ambiente, i prodotti fitosanitari in questione sono immediatamente ritirati dal mercato (come sarà successo all’epoca per il bromuro di metile). Se invece le ragioni del mancato rinnovo dell’approvazione non riguardano la protezione della salute o dell’ambiente è previsto un periodo di tolleranza non superiore a sei mesi per la vendita e la distribuzione, etc..(articolo 20).
Si legge anche che in qualunque momento (quindi anche prima dei 10 anni standard di durata approvazione attivo) la Commissione può riesaminare l’approvazione di una sostanza attiva. Questo può scaturire dalla richiesta di uno Stato membro di riesaminare, alla luce dei dati di monitoraggio che vengono effettuati nei vari stati membri (le autorità in Italia ad esempio ARPA regionali, Laboratori sanità pubblica). Ci vuole in ogni caso questa segnalazione “ufficiale” da parte dello stato membro alla Commissione. In condizioni di estrema emergenza può essere anche immediatamente vietato su richiesta dello stato membro (art. 69) senza valutazioni…ma credo che questo per fortuna non sia mai successo!
Ciao, grazie mille. Il primo motivo è che un’azienda (anche non la proprietaria della sostanza attiva) può chiedere l’autorizzazione di un prodotto per usi diversi da quelli richiesti a supporto dell’approvazione di un attivo. Sia nel dossier per l’attivo che nel prodotto c’è infatti una GAP (Good Agricultural Practice) table, che riporta le colture per le quali è richiesto l’utilizzo del prodotto in questione, con tutte le informazioni di base necessarie per poter fare la valutazione del rischio e dell’efficacia (dosaggio richiesto come kg sostanza attiva/ettaro,massimo numero applicazioni, epoca d’impiego sulle colture, intervallo tra le applicazioni, etc.). La valutazione del rischio di un attivo viene condotta su uso “rappresentativo”. Per fare un esempio e rimanere in tema glifosate, puoi leggere nel documento EFSA che il formulato rappresentativo è ‘MON 52276’ (a soluble concentrate (SL) containing 360 g/L glyphosate), di Monsanto, con GAP a pag. 32-32, ma se cerchi tra i tantissimi prodotti a base glifosate in commercio troverai che questi sono approvati per diversi altri usi. Inoltre, il dossier per un prodotto va presentato perché i tipi di formulazione sono tanti (liquidi, solidi, in solvente acqua o organico…) ed ognuno può avere efficacia agronomica ma anche tossicità diversa, dovute alla presenza di diversi coformulanti nella miscela.
Ciao, articolo veramente molto ricco, grazie. C’è una cosa che non capisco, una volta che è principio attivo è approvato, per l’approvazione del prodotto commerciale cosa devono “dimostrare” le aziende?