
Negli ultimi anni stiamo assistendo alla diffusione dell’agricoltura urbana, ovvero il fenomeno per cui all’interno della città si ha un processo di coltivazione, trasformazione, distribuzione e vendita dei prodotti alimentari agricoli nella città per la città.
Nei paesi in via di sviluppo, la FAO stima che le persone coinvolte nell’agricoltura urbana siano più di 130 milioni in Africa e circa 230 milioni in America Latina; in linea generale è stato stimato che sono circa 800 milioni le persone nel mondo coinvolte in progetti di agricoltura collaborativa e partecipativa.
Ad oggi tendenzialmente le città contemporanee sono grandi consumatrici e fanno parte di un sistema alimentare non sostenibile, caratterizzato da importazioni, trasporti e consumi che hanno un forte impatto sull’ambiente e sull’economia. Generalmente il “cibo urbano” a buon mercato è di cattiva qualità, con un alto contenuto di grassi e zuccheri e per questo responsabile dell’accrescimento del livello di obesità e di malattie croniche come il diabete. Coltivare frutta e verdura, le maggiori fonti naturali di micronutrienti, nelle aree urbane incrementa la disponibilità di prodotti freschi e nutrienti e migliora l’accesso al cibo degli strati più poveri della popolazione. Come sostiene il dott. Pandey, “l’orticoltura urbana offre una via d’uscita alla povertà”, infatti lui fa riferimento al basso costo iniziale per avviare l’attività, la brevità dei cicli produttivi e l’alta resa per unità di tempo, terra ed acqua impiegati.
Da alcune analisi di casi studio ed esperienze nazionali ed internazionali, risulta evidente come l’agricoltura urbana si declini all’interno della città alle diverse scale: dalla pianificazione, alla progettazione di nuove tipologie di spazi aperti (community gardens, parchi agricoli, orti scolastici, pocket vegetale gardens) alla progettazione dell’integrazione tra produzione agricola e ambiente costruito, con forme di Building Integrated Agricolture per le coperture verdi (rooftop farms) o con sistemi di serra integrati, fino alla progettazione di componenti tecnologici per rispondere a questa nuova esigenza e trend.
Le funzioni che ricopre questa tipo di agricoltura sono molteplici, dalla produzione di cibo fino a all’ortoterapia passando per la sicurezza alimentare, salute della popolazione urbana e funzione ecologico – ambientale.
IN SENSO PRATICO…
L’agricoltura urbana può concretamente contribuire, in primis al soddisfacimento del cosiddetto metabolismo urbano, ovvero producendo il cibo per sfamare la città, invece che alimentare il divario tra territori rurali “produttori” e territori urbani “consumatori”.
L’agricoltura urbana può essere vista come una forma di innovazione in tale direzione. Sotto questo aspetto, uno studio sperimentale della Facoltà di Agraria dell’Università di Bologna, condotto tra il 2012 e il 2016 a partire da una serie di orti idroponici fuori terra sul tetto di un palazzo popolare, ha permesso di stimare, ad esempio, che uno sviluppo sistematico e capillare di orticoltura di questo tipo sugli altri 80 ettari di tetti piani dei palazzi di Bologna potrebbe soddisfare il 77 % del bisogno di vegetali dell’intera area urbana.
Come evidenzia chiaramente questo esempio, si tratta di ripensare come modello produttivo che sia decentrato e capace di fare fronte ad una intrinseca frammentazione organizzativa e gestionale, ripensando la produttività agricola, in chiave “multifunzionale”.
I PROGETTI NEL MONDO:
Florence (Italy): https://www.055firenze.it/art/154538/Agricoltura-urbana-largo-Annigoni-serra-coltivazione-senza-terra
Milan (Italy): https://www.eataly.net/it_it/negozi/milano-smeraldo/archivio-milano-smeraldo/eataly-e-liveinslums-onlus-presentano-mi-orto/
Sydney (Australia): http://www.pocketcityfarms.com.au