Agricoltura extraterrestre: è possibile coltivare fuori orbita? Ricerca

Una delle più affascinanti possibilità per l’umanità è quella, un giorno, di vivere fuori orbita.

Il giorno in cui questa allettante prospettiva dovesse avverarsi, l’uomo avrà necessità di coltivare il proprio cibo. Qui allora nasce  il primo quesito: sarà possibile coltivare sulle terre extraterrestri?

Innanzitutto c’è da dire che, semmai l’uomo dovesse fare le valigie e imbarcarsi al gate spaziale, è auspicabile che lo faccia verso pianeti o satelliti prossimi alla Terra e che ha già (direttamente o indirettamente) esplorato: la Luna e Marte.
L’anno scorso, Wieger Wamelink (ecologo) ha pensato bene di condurre degli esperimenti testando la crescita, per un periodo di 50 giorni e senza l’aggiunta di sostanza nutritive, di 14 varietà vegetali (utilizzando piante selvatiche, coltivate e fissatrici di azoto) su suoli che simulano in tessitura e composizione quelli Marziani e Lunari (in genere suoli sabbiosi e ricchi in regolite). I suoli sono stati composti dalla NASA a partire da campioni di suolo vulcanico delle Hawaii.

Questo esperimento è stato reso possibile dalle numerose informazioni raccolte durante le missioni spaziali, che riguardo ai suoli lunari e marziani ci hanno rivelato che, ahimè, questi suoli sono privi di sostanza organica. Sulla Terra, la mineralizzazione della sostanza organica è la principale fonte di azoto, l’elemento nutritivo principale per i vegetali.
Infatti, ciò che il ricercatore olandese si aspettava, era il repentino avvizzimento a causa di mancanza di nutrienti, poco dopo la germinazione. Invece, Sedum reflexum (pianta selvatica) Solanum lycopersicum (pomodoro), Secale cereale (segale), Lepidium sativum (crescione inglese), e Sinapsis arvensis (senape selvatica) hanno mostrato una buona crescita. In particolare, le ultime tre hanno fiorito e il crescione inglese e la mostarda hanno addirittura prodotto semi.

7945_1425880150968587_608338031_n

Fonte: Wageningen UR

Insomma, un risultato che ci fa sperare, anche se, dobbiamo tenere a mente un paio di considerazioni:

1) L’assunzione sperimentale principale è quella che la coltivazione è avvenuta nelle condizioni di luce e di gravità terrestri. Se un giorno l’uomo dovesse colonizzare le terre marziane o lunari, la coltivazione sarebbe possibile in ambienti chiusi dove le condizioni terrestri siano ricreate, fino a quando, ovviamente, la scienza non sarà in grado di mettere a punto un vero e proprio sistema produttivo che sfrutti le condizioni del luogo.

2) L’atmosfera sulla Luna è assente e su Marte è molto ridotta. Questo renderebbe difficile l’approvvigionamento di azoto. Infatti, le fissatrici di azoto fissano questo elemento in simbiosi con i batteri proprio dall’atmosfera e lo rendono disponibile sotto forma di nitrati. Questo processo chiaramente richiede che ci sia un’atmosfera e che ci sia azoto, che su Marte è presente solo in tracce.

3) L’acqua è l’elemento essenziale per la crescita delle piante. Su Marte e sulla Luna è presente del ghiaccio, bisognerà capire come utilizzarlo.

Nonostante sembri estremamente complicato, Wamelink sembra fiducioso. È convinto che l’istituzione per la quale lavora, la Wageningen University, sarà in grado di mettere a punto, entro 10 anni, un sistema che consenta la coltivazione fuori dal nostro amato pianeta.

Aspettiamo con ansia.

Per approfondimenti:

http://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0103138

Foto copertina: NASA


Claudio Cropano

“Tanto vale l’uomo, tanto vale la sua terra”

 

Ho 23 anni e vivo a Wageningen (Paesi Bassi) dove sto conseguendo la Laurea Magistrale in Plant Sciences alla Wageningen University and Research Centre.

Dopo un periodo di studio all’ Instituto Politécnico de Viana do Castelo (Portogallo), nel 2014 ho conseguito la laurea triennale in Tecnologie Agrarie all’Università degli studi di Napoli “Federico II”.

Mi intriga molto il lato scientifico dell’agricoltura, disciplina tutt’oggi reputata nell’immaginario collettivo come un qualcosa di molto approssimativo e stereotipata come attività di basso livello. A mio avviso, queste sono le conseguenze di quanto poco si conosca del mondo agricolo. Da questo presupposto, ho colto al volo l’opportunità di partecipare all’allestimento di questo blog: la buona informazione come uno dei fattori chiave per destare l’attenzione su tematiche di primaria importanza, le quali non sono sempre percepite come tali.

Conosco l’Accademia dei Georgofili e sono un accanito lettore dei suoi articoli su www.georgofili.info e un affascinato della sua storia. Penso che le giornate studio, i convegni, le mostre ed i dibattiti siano ancora dei mezzi fondamentali per sollecitare e stimolare la curiosità sulle tematiche agricole, qualcosa in più forse andrebbe fatto, in merito al conferimento di borse di studio e/o di ricerca a giovani talentuosi oppure per l’approfondimento di specifiche tematiche.

Nell’immediato e nel prossimo futuro uno dei vari compiti affidati all’agricoltura è quello di sfamare una popolazione mondiale che è proiettata a crescere fino a 9 miliardi di persone entro il 2050. Saranno dunque richieste innovazioni scientifiche e tecnologiche atte a far fronte a questa crescente richiesta di cibo rispettando, in ogni caso, i principi della sostenibilità ambientale. Nello stesso tempo, la conservazione del paesaggio rurale, l’aspetto sociale e didattico dell’agricoltura dovranno rappresentare ancora i presupposti sui quali il mondo agricolo si basa.

Commenti

  1. stefano.mancuso@unifi.it Dice: giugno 5, 2015 at 9:28 am

    Caro Claudio,

    il vero problema delle coltivazioni extraterrestri non riguarda tanto il suolo su cui far crescere le piante, quanto le condizioni di gravità alterata e l’esposizione ai raggi cosmici. Sebbene, nulla al momento sembri essere un ostacolo insuperabile
    Negli ultimi 50 anni molte ricerche hanno dimostrato l’estrema adattabilità delle piante anche a condizioni extraterrestri, anche in esperimenti lunghi (da seme a seme; alcuni hanno interessato anche molte generaziooni successive).
    Su un piano più pratico se, come studente di laurea magistrale o di PhD, fossi interessato a partecipare a ricerche in condizioni di gravità alterata, ti consiglio calsdamente di applicare per una delle seguenti possibilità offerte dall’ESA:
    1) spin your thesys (presso la sede ESA di Noordwijk; non lontano da dove studi) per esperimenti in ipergravità grazie alla megacentrifuga dell’ESA
    2) Drop your thesys (presso la Drop tower di Brema)
    3) Fly your thesys (presso l’aeroporto di Bordeaux) per esperimenti sui voli parabolici ESA

    • Claudio Cropano Claudio Cropano Dice: giugno 5, 2015 at 10:07 am

      Gentile prof. Mancuso,

      Grazie per il suo commento.
      Infatti, questo lavoro non ha fatto altro che confermare che la coltivazione su suoli lunari e marziani non rappresenta un insormontabile problema. Piuttosto, bisogna capire quanto questi suoli si discostano da quelli effettivamente presenti su Marte e sulla Terra.
      Penso, inoltre che questo tipo di ricerca rappresenti anche uno spin-off per la Terra. Le informazioni raccolte sulla coltivazione di piante in condizioni difficili può essere fonte di conoscenza preziosa, rilevante ed applicabile anche sulla Terra.

      La ringrazio per i consigli, di cui farò tesoro e vorrei aggiungere che sono un accanito lettore dei suoi lavori.
      La prego di continuare a seguire il nostro Blog, il suo contributo sarà preziosissimo.

Lascia un commento